lunedì 3 agosto 2015

L'azzurro

Terzo classificato al Campionato italiano della bugia, sezione letteraria.

Il caldo si fa sentire anche a Villa Serena in quest’estate torrida del 1994. Il lavoro di medico della casa di riposo l’ho sempre adorato. Passo davanti ai miei pazienti nella sala d’attesa dell’ambulatorio. È alto e magro, quello seduto nell’angolo. Scorgo i suoi occhi azzurri. E rimango sconvolto. La prima volta che lo trovo lì, ma quell’azzurro l’ho già visto. Cinquant’anni prima.



Il muro dietro la chiesa era pieno di buchi. Di pallottole. Arrivai di corsa nella piazza ed era lì. Bendato, a fianco di altri dieci uomini. Mio papà. E davanti a lui sei soldati tedeschi con il fucile ancora poggiato a terra. Sapevo cosa sarebbe successo. Avrebbero preso la mira e gli uomini vicino al muro sarebbero caduti. Ma stavolta era il mio papà che avrebbero ucciso. A dieci anni non si è pronti a vedere morire il proprio papà. Non lo si è mai. L’uomo alto e biondo, a fianco dei sei soldati con l’elmetto, disse una parola. Incomprensibile, ma dal suono tremendo. Tutte le parole, in tedesco, sembrano spaventose. Gli uomini alzarono i fucili. Mi gettai alle gambe dell’ufficiale tedesco. Due occhi gelidamente azzurri si specchiarono nei miei.
«Tuo padre?» disse in un italiano dal suono agghiacciante.
Feci cenno di sì.
Estrasse dalla tasca una moneta. «Si esce l’aquila no spariamo» e lanciò il dischetto dorato verso il cielo. Pregai. Tanto. E poi riaprii gli occhi. La moneta, a terra, mostrava un’aquila che ghermiva una svastica. Raccolsi la moneta, felice, e gliela porsi. Sbirciai l’altro lato. Vi era incisa un’altra aquila. L’ufficiale biondo mi guardò ancora e accennò un occhiolino.

L’uomo dagli occhi azzurri, ma con l’espressione confusa  di chi è colpito dal morbo di Alzheimer, alza lo sguardo. Due occhi gelidamente azzurri si specchiano nei miei. E accennano un occhiolino.